Lou
Ma c’è qualcosa che non va. E’ solo un gran giorno. Ma qualcosa puzza.
Sono felice. Ma non sembra che sia così il mondo che mi circonda. Lou mi consiglia di bere sangria nel parco. Ma lo stesso qualcosa non va. Tutto così allegro, soleggiato, verde. Tutto così bello che sembro una macchia di sporco, io, l’ultimo umano su questo parco.
La mia porta si è chiusa. Per sempre. E intorno degli altoparlanti invisibili suonano Velouria. E nella mia testa pulsa la vita. Musica esce da un albero alla mia destra, dal cespuglio dietro di me, dagli occhi di un bambino vicino. Dalle scarpe di una signora.
Un uomo barbuto si avvicina. E’ vestito di pelle nera. Ha degli occhiali da sole addosso. Lo nascondono dalle altre vite. Ma io riesco lo stesso a vedere i suoi occhi.
Lo chiamano “Il lurido” qua nel parco. Tutti lo evitano. Ma, di nascosto, con quegli occhi che tanto lo disprezzano, lo seguono, lo spiano. Osservano la sua camminata cadenzata, il suo strascicare i piedi così non normale, ma così attaccato alla sua idea. Continua a camminare verso di me. Si direbbe che mi punta. Ora striscia ancora di più di prima le suole. Il corpo lo segue. La sua schiena si snoda sui suoi organi. Accelera. Sembra che si muova a ritmo del mio cuore, sempre più agitato. TUM. TUM. TUM TUM. E lui accelera, accelera, accelera. Sembra voglia salvarmi da qualcosa. Nei suoi occhi nascosti vive la storia della sua vita. Sul suo corpo madido d’esperienza, racconti.
Fosse vestito di bianco lo chiamerebbero profeta. Invece così, avvolto nel suo giubbotto di pelle nera, è solo “Il lurido”.
Nel frattempo la vita continua a scorrere infermabile, con il sole lassù dove lo disegnerebbe un bambino, le mamme attente, i fili d’erba ballerini.
E’ solo un altro gran bel giorno.